A mano a mano: scenari e tendenze nell’analisi dei megatrends

A mano a mano: scenari e tendenze nell’analisi dei megatrends

Car* Tutt*,


“Chiunque costruisca e coltivi le proprie unicità ed identità, con dignità e coraggio, attraversando i disagi dell’emarginazione e ogni difficoltà gli si prospetti davanti, con l’unico intento di rassomigliare a sé stesso, è già di per sé un vincente”, diceva Fabrizio De André.

Come dargli torto? In fondo, mutatis mutandis, la sua riflessione si applica bene anche a noi. È quello che cerchiamo di portare avanti quotidianamente, man mano che procediamo è sempre più nitida l’impronta, man mano che i giorni avanzano sarà più chiaro a tutti.

La nostra direzione di senso continua ad essere costruita sugli studi di scenario, i cosiddetti megatrends, la cui analisi rappresenta oggi la base imprescindibile di ogni politica pubblica, specie di quelle industriali e territoriali, perché la sua utilità consiste nel ridurre l’incertezza sulla variabilità dei futuri possibili e quindi limitare l’ampiezza di probabilità di determinati scenari. Tuttavia, oggi, è sempre più evidente quanto queste indagini non possano mai restare fini a sé stesse, perché analizzare le dinamiche future non è che il primo passo di un processo di trasformazione strategica che deve coinvolgere tutti gli attori del territorio. E attenzione al fatto che, ad oggi, anche se la nostra conoscenza delle tendenze si intensifica, la possibilità di tradurre tutto ciò in azioni è significativamente ancora molto bassa.

Nell’era del presentismo siamo come paralizzati, vediamo davanti a noi sfide immense che richiedono determinazione nell’affrontarle ma non riusciamo ad agire o, comunque, i pochi passi che riusciamo a fare sono come nelle sabbie mobili.

Facciamo due esempi.

Il primo: in Italia c’è un esercito di quasi 9 milioni di persone, nate tra il 1965 ed il 1980, la cosiddetta generazione x (45% donne, la gestione pensionistica più affollata è quella dei dipendenti privati, poi gli autonomi compresi parasubordinati e i dipendenti pubblici), una fetta di popolazione che, subendo dall’inizio degli anni ‘90 le conseguenze negative delle sciagure economico sociali che hanno investito il Paese, oscilla in una pesante e poco remunerativa vita lavorativa ed ha davanti una incertezza pensionistica forte. Tra il 2030 ed il 2045 il nodo arriverà al pettine dopo quasi mezzo secolo di flessibilità (nel migliore dei casi) e precariato (la stragrande maggioranza), dove i buchi contributivi (persi per sempre e senza colpe) faranno la differenza tra la sopravvivenza o meno una volta fuoriusciti dal mercato del lavoro.

Ora per molti forse è già troppo tardi ma per altri no.

Chi e come sta pensando a questa situazione?

Cosa accadrà al sistema Paese se ci saranno molti milioni di pensionati a 750 euro al mese?

Secondo: il comportamento di acquisto è diventato complesso. A causa della vasta possibilità di scelta resa possibile dall’online, gli italiani non si muovono più in maniera lineare, ma arrivano a comprare dopo aver esplorato e valutato più volte e su diversi canali i prodotti, servizi o brand di una determinata categoria. Il 68% dei consumatori italiani ha fatto shopping per le festività attraverso cinque o più canali. Le visite nei negozi sono state inferiori rispetto ai livelli pre-pandemia, seppur in crescita in rapporto al 2020. L’online è rimasto stabile e consolidato nel corso degli ultimi tre anni.

Nel 2022 i consumatori italiani saranno probabilmente più propensi a combinare gli acquisti in negozio a quelli online e il confine tra le due modalità continuerà a essere labile.

Come si stanno attrezzando le imprese del territorio per competere?

ricerca civ

Come sempre disponibile al dialogo.

Buon fine settimana a Tutt*.
Un sorriso, Nicola

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